“Sacro a Sud”, la citizen science per monitorare l’Ibis sacro

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Sono molti i progetti di citizen science, un supporto agli scienziati nel monitoraggio di alcune specie animali e vegetali da parte di appassionati e semplici cittadini.

All’interno di questa tendenza si inserisce il progetto Sacro a Sud che rileva la diffusione dell’uccello migratore Ibis sacro nelle regioni del Sud Italia.

Il progetto è realizzato dall’associazione naturalistica Ardea, che dal 2011 raccoglie appassionati di ornitologia, e dalle associazioni Storcal e Soa, attive rispettivamente in Calabria e in Abruzzo, per la tutela degli uccelli.

Uno dei tre coordinatori del progetto Sacro a Sud è il presidente di Ardea Rosario Balestrieri: lo abbiamo intervistato per approfondire questa iniziativa.

Come si articola il progetto Sacro a Sud?

Guardando le banche dati di citizen science, piattaforme web che coinvolgono i cittadini nell’osservazione della biodiversità (soprattutto animali e piante) e monitorando i social, abbiamo notato delle osservazioni anomale di Ibis sacro.

Vivendo in Campania, sapevo che dal 2015 ci sono stati avvistamenti occasionali di alcuni esemplari sulla foce del Garigliano, al confine tra Campania e Lazio.

Erano però osservazioni sparse, che tuttavia sono aumentate negli ultimi due anni. Da questo autunno hanno iniziato infatti a segnalarmi su Whatsapp e Facebook gruppi o singoli individui a Paestum, Casalvelino, Teggiano, Benevento.

Mi sono confrontato con alcuni colleghi ornitologi della Storcal che operano in Calabria, ho visto sui social molte osservazioni in Puglia, perciò mi sono reso conto che stava avvenendo uno spostamento di questa specie aliena verso Sud.

Ho così contattato anche gli ornitologi della Soa, proponendo loro di fare un’iniziativa comune che, oltre a raggruppare le informazioni raccolte dagli ornitologi, coinvolgesse anche i cittadini.

Abbiamo creato un form online, compilato in una settimana con le osservazioni di circa 70 persone, e un gruppo Facebook che in poco ha raggiunto 310 utenti.

L’obiettivo è di creare una rete di rilevatori regionali per raccogliere tutti i dati dei circuiti ornitologici, contattando i singoli osservatori tramite la stampa locale e i social media.

L’Ibis sacro è una specie facilmente identificabile, ha una colorazione bianca e nera e ricorda una cicogna, ma ha il becco ricurvo verso il basso, simile ad un falcetto, è un uccello abbastanza grande e si può notare nella vegetazione, anche dagli osservatori occasionali.

Che ruolo specifico hanno i cittadini in questo progetto?

Questa iniziativa potrebbe coinvolgere i cittadini in due modi. La prima, più importante, quando segnalano gli avvistamenti di Ibis sacro.

Questa specie tende a rimanere impressa alle persone, oltre ad avere un’etnozoologia particolare. Ha infatti una storia e un significato peculiari: era venerato dagli antichi egizi, che lo consideravano la reincarnazione del Dio Toth, riproducendolo nei geroglifici. Tante persone inoltre riconoscono l’Ibis sacro perché lo hanno visto rappresentato nei libri di scuola o nei documentari.

Il secondo aspetto che coinvolge i cittadini, che mi ha lasciato sorpreso, è l’interesse delle persone per le specie aliene. In molti si iscrivono al gruppo Facebook o ci contattano per avere informazioni dirette dalle nostre associazioni su queste specie alloctone, tra cui l’Ibis sacro, magari informandosi sulle sue caratteristiche biologiche e sugli impatti che può portare nei territori coinvolti dalla sua presenza.

Altre persone invece hanno delle semplici curiosità sulla sua provenienza. Alcuni sanno che questa specie proviene dall’Egitto, ma leggendo dei suoi spostamenti, ci chiedono una motivazione di questa tendenza.

Questo uccello è originario dell’Africa sub-sahariana e di alcune zone del Nord Africa. E’ stato liberato successivamente in diverse aree dell’Europa negli anni ’70, colonizzando alcuni habitat. Alla fine degli anni ’90 è arrivato nelle regioni del Nord Italia, registrando un graduale incremento a partire dal 2005 con la colonizzazione delle regioni del Sud indicativamente dal 2019. Non si tratta dunque di una semplice migrazione dall’Egitto all’Italia Meridionale.

Avete utilizzato delle particolari strategie di comunicazione per coinvolgere i cittadini?

Inizialmente abbiamo fatto un comunicato stampa da inviare ad alcuni contatti giornalistici per poi far uscire degli articoli che raggiungessero un pubblico non specializzato in ornitologia.

Ci sono stati anche dei post specifici di diffusione sulle pagine social delle tre associazioni e della rete di esperti che gestisce i singoli rilevatori regionali.