La valle ferita, un documentario sul Torrente Enza

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Il documentario La valle ferita. Torrente Enza, tra dissesto idrogeologico e crisi climatica è un’opera prodotta dal Comitato per la Salvaguardia del Torrente Enza, con la regia di Alessandro Scillitani e la sceneggiatura e voce narrante di Giovanni Cattabriga, con lo pseudonimo Wu Ming 2.

Lunedì 3 febbraio, nel cinema Al Corso di Reggio Emilia, è stata proiettata la prima assoluta del docufilm.

L’opera narra della vicenda del torrente Enza, dove pendono molteplici interventi, tra cui la Diga di Vetto, richiesta da agricoltori e allevatori per risolvere la crisi idrica sempre più marcata. Questa come altre grandi opere, dall’ingente impatto economico e quantità di cemento e inerti presenti, rischiano però di compromettere per sempre l’ecosistema dell’Enza.

Abbiamo intervistato Alessandro Scillitani per approfondire il tema.

Perchè avete realizzato questo documentario?

È stato il Comitato per la salvaguardia del torrente Enza, una cordata di numerose associazioni1, a chiedermi di realizzare questo documentario.

Sono molto sensibile ai temi ambientali, quindi ho accettato con entusiasmo. In uno dei primi sopralluoghi mi hanno portato a vedere la parte finale del torrente Enza, e sono rimasto molto colpito dalle tragiche condizioni in cui versa il letto del fiume.

L’Enza ha un grosso problema di erosione. L’acqua, invece di depositare nuovi sedimenti, scava le sponde, formando un vero e proprio canyon. Il livello del torrente scende sotto il livello delle falde, che restano più in alto, quindi l’acqua le raggiunge e non le ricarica.

Ed è un fenomeno che cresce a vista d’occhio, subendo una forte accelerazione negli ultimi anni, a causa degli sconvolgimenti climatici.

Da quel momento non ho avuto dubbi, dovevo raccontare questa storia.

Avevi già realizzato altri documentari sul tema ambientale?

È una tematica che mi accompagna da molto tempo. Nei film di viaggio che ho realizzato con Paolo Rumiz, per esempio, da Il risveglio del fiume segreto, legato al Grande Fiume, a Le Dimore del Vento, a Il Cammino dell’Appia Antica. Con Giacomo De Stefano, poi, ho raccontato diversi esempi di vita sostenibile (Puro Remo, Lampedusa artica). E ho anche realizzato uno spettacolo, A piedi nudi sulla terra, sul viaggio a passo lento, nel rispetto dell’ambiente.

Quali tecniche stilistiche hai adottato in questo documentario?

Per prima cosa, mi sono affidato alle associazioni ambientaliste, per intervistare esperti, geologi, fisici, tecnici. Ma ho voluto anche raccogliere testimonianze di chi abita nella valle dell’Enza.

Ci tenevo che anche il fiume parlasse, mostrandolo da dentro, o attraversando la valle nelle parti belle e anche in quelle in cui è evidentemente ferita.

Quali emozioni e messaggi hai voluto trasmettere?

Una cosa che trovo essenziale in tutti i miei film è una sorta di neutralità. Mi interessa accogliere tutti i punti di vista, senza giudicarli a priori.

Trovo che sia importante dare la possibilità allo spettatore di seguire il film senza una tesi dogmatica precostituita. Per me è importante restituire autenticità e tridimensionalità.

Inoltre, nei miei film tendo sempre ad avere un approccio positivo, nella convinzione che il lamento allontani le persone.

Tuttavia, in questo caso, era indispensabile raccontare lo stato di degrado in cui versa il fiume. E anche capire, dalle parole di esperti e di scienziati, che le grandi opere come la diga di Vetto, non sono risolutive, soprattutto in un mondo così in divenire per i cambiamenti repentini a cui ci porta la crisi climatica.

È necessario sentirci tutti ingaggiati e coinvolti. Occorre prendere atto della crisi climatica in atto, e agire per adattarsi ai cambiamenti, senza attendere soluzioni dall’alto, che peraltro rischiano di compromettere ancora di più il territorio.

I documentari possono essere un veicolo per sensibilizzare sulle tematiche ambientali?

Penso che sia molto importante utilizzare i documentari per mostrare e sensibilizzare. Certamente serve comprendere che, per quanto la strada sia impervia e in salita, tutti noi possiamo fare la differenza, se nel nostro piccolo agiamo per rispettare la natura.

Se il nostro mondo ha prodotto la crisi climatica, per fermare la crisi climatica bisogna cambiare questo nostro mondo.

Wu ming 2 esprime questa frase molto bella nel documentario.

Come ha reagito il pubblico a Reggio Emilia e come intendete proseguire?

Il pubblico era molto interessato, la era sala piena. Dopo questa presentazione, a ingresso libero e gratuito, ne sono previste altre in diverse città del territorio.

I prossimi appuntamenti:

  • 20 febbraio Sant’Ilario (RE) Piccolo Teatro
  • 3 marzo Cinema Gattatico (RE)
  • 6 marzo circo Civica a Modena
  • 17 marzo a Reggio Emilia
 [1] Il Comitato per la salvaguardia del Torrente Enza è composto da Università Verde Reggio Emilia, WWF Emilia Centrale, WWF Parma, Ass. Terre di Canossa, Federazione Nazionale Pro Natura, LIPU, Canoa club RE, Legambiente Reggio Emilia, Legambiente Parma, Legambiente Val d’Enza, Legambiente Emilia-Romagna, Legambiente Appennino Reggiano, Pro Natura Val d’Enza, Salviamo il paesaggio RE, Green OdV.