PFAS fuori dalle scatole nasce dall’adesione al progetto One Health del Gruppo Educativo Zero PFAS ed è sviluppato dai ragazzi delle classi quarta e quinta dell’Itis de Pretto di Schio, indirizzo biologico ambientale, insieme ai loro professori.
La professoressa Laura Rossi di biologia e microbiologia ha partecipato all’intervista insieme a quattro studenti.
Professoressa, in primo luogo, che cosa sono i PFAS?
I PFAS (sostanze perfluoroalchiliche) sono una famiglia di molecole formate da fluoro e carbonio. Sono detti inquinanti eterni, in quanto il legame fluoro carbonio è così potente che non si biodegrada, si accumulano nella catena alimentare e possono causare danni alla salute (interferenti endocrini). I PFOA sono cancerogeni certi e i PFOS cancerogeni probabili.
La loro presenza nell’ambiente è molto estesa, per questo da più parti giunge l’appello per metterli a bando.
Perché vi sentite così coinvolti nel tema PFAS?
Frequentando l’indirizzo biologico ambientale siamo molto appassionati alle tematiche ambientali. Inoltre viviamo in un territorio vicino alla zona rossa contaminata dai PFAS. Abbiamo studiato il processo Miteni e non potevamo rimanere indifferenti e passivi. Abbiamo quindi deciso di prendere posizione e cercare di diffondere conoscenza anche tra i nostri coetanei.
Il nostro impegno serve a dimostrare non solo agli adulti ma anche a noi stessi che non siamo in completa balia delle scelte dei “potenti”, che si può cambiare e non accettare le ingiustizie che ci piovono addosso.
In cosa consiste il progetto PFAS fuori dalle scatole?
Ci siamo concentrati sull’utilizzo di contenitori per il cibo da asporto perché questi imballaggi sono molto utilizzati da noi ragazzi e possono contenere PFAS.

Vorremmo che ogni materiale sia PFAS free e stiamo facendo pressione sulle ditte ma anche sulla politica affinché queste sostanze siano messe a bando.
Nello specifico, abbiamo raccolto campioni di scatole da asporto, studiato i materiali, inviato questionari a sette aziende produttrici, per chiedere se e quali PFAS venivano usati. Alcune aziende sono state disponibili, altre un po’ meno. Quelle più collaborative ci hanno inviato schede tecniche con tutte le sostanze usate. Ma stiamo continuando con la nostra ricerca.
Professoressa, questo è un progetto multidisciplinare?
Sì perché porta a studiare non solo la biochimica, ma anche i meccanismi di partecipazione popolare. Parlando di cittadinanza attiva, sono coinvolte anche le discipline del diritto. I ragazzi si stanno infatti organizzando per proporre ai consigli comunali dei loro comuni ordini del giorno per la messa a bando dei PFAS.
Anche i genitori sono coinvolti?
Certamente, dato che tutta la scuola ha aderito al progetto One Health. La componente genitoriale del consiglio di istituto è molto attiva. Abbiamo ottenuto grazie ad un genitore una fornitura gratuita di contenitori di una ditta locale che sono certificati PFAS free, da distribuire ai ragazzi, ma stiamo valutando anche contenitori lavabili, di acciaio, buoni dal profilo sanitario e che possano anche essere utilizzati nel microonde, questo per incentivare ragazzi e ragazze a portarsi il pranzo da casa.
Gli studenti sono consapevoli che bisogna ridurre i rifiuti derivati da prodotti monouso: i PFAS non si distruggono e se inceneriti vengono dispersi in aria. Peraltro il problema è molto sentito perché qui a Schio è presente da quarant’anni un inceneritore e ora si vorrebbe ampliarlo ulteriormente.
In che modo cercate di divulgare questo progetto al pubblico e alla popolazione in generale?
Dopo aver studiato per mesi la questione Miteni, il 7 febbraio abbiamo partecipato al presidio presso il Tribunale di Vicenza, dove si stanno svolgendo le ultime fasi del processo ai dirigenti. Abbiamo raggiunto il luogo in autonomia, con i mezzi pubblici. È stato molto soddisfacente, un’occasione per leggere una nostra dichiarazione, per far emergere la nostra voce e tessere legami con le associazioni presenti.

Vorremmo primariamente fare un’assemblea di istituto sul tema, e organizzare serate divulgative aperte a tutta la comunità, invitando esperti, giornalisti e associazioni coinvolte.
Abbiamo anche creato il gruppo ITIS per l’Ambiente, insieme alla divulgazione di queste tematiche sul profilo Instagram appena nato, con contenuti interattivi e accattivanti.
Il nostro obiettivo è dunque informare in modo puntuale i nostri coetanei e la comunità, per accrescere la consapevolezza e prendere una posizione chiara, per la nostra salute e quella del Pianeta.