La corsa ai minerali critici fa bene alla transizione energetica?

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Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia (IEA) la domanda di minerali critici, tra cui rame, nichel, cobalto, litio e grafite, entro il 2030 è destinata a triplicarsi. Parliamo di materiali fondamentali per la realizzazione di tecnologie ecocompatibili come le celle solari fotovoltaiche, l’energia eolica, lo stoccaggio delle batterie e i veicoli elettrici.

L’obbiettivo posto per il 2050 dalle Nazioni Unite e dall’Unione Europea per ridurre al minimo le emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera, la cosiddetta transizione energetica mondiale, ha accresciuto enormemente la domanda di queste risorse.

Per quanto riguarda il rame, ad esempio, si prevede una crescita della domanda del 23% e dati simili valgono anche per altri materiali come il litio, il coltan o il cobalto.

Proprio come i combustibili fossili, anche questi minerali sono presenti solo in alcuni luoghi della Terra. 

Tra questi la Repubblica Democratica del Congo, al centro del continente africano, dove ormai da 10 anni è in corso una terribile guerra civile. Ma non solo, perché è ormai acclarata la partecipazione, più o meno diretta, del vicino Ruanda che sostiene l’M23, la milizia armata che combatte il governo centrale di Kinshasa, capitale del paese.

Quest’ultimi agiscono principalmente nel nord-est del paese e in particolare nella regione del Kivu, dove vive una minoranza di popolazione tutsi, di cui l’M23 si promuove difensore contro le discriminazioni del governo centrale, e dove però ci sono anche le principali miniere di coltan (columbo-tantalite), considerato l’oro delle nuove tecnologie.

Il tema legato ai cosiddetti minerali di transizione, in particolare dove e come estrarli, è al centro di un importante dibattito e la stessa IEA ha pubblicato dati precisi a riguardo.

In Africa, ad esempio, è presente oltre un quinto delle riserve mondiali di questi minerali, ma molti paesi, tra questi proprio l’RDC, non possiedono le capacità di trasformazione necessarie per lavorare il minerale e avanzare così nella catena del valore.

Nel luglio scorso il Global Witness ha spiegato in modo esaustivo la questione, evidenziando i costi umani e sociali di questa “corsa ai minerali di transizione”. 

«Senza una migliore consultazione e regolamentazione, i piani per espandere l’estrazione di minerali essenziali per la transizione energetica potrebbero essere disastrosi per le persone e il pianeta».

Del conflitto in Congo, dove solo gli ultimi combattimenti nei pressi di Goma sono costati la vita a oltre 3 mila persone e hanno provocato circa 400 mila sfollati, è possibile scrivere e discutere sotto molti punti di vista, e quello delle risorse è un tema importante, ma non l’unico.

Sia ISPI, istituto per gli studi di politica internazionale, che Nigrizia hanno pubblicato importanti lavori a riguardo ed entrambi sottolineano il ruolo della comunità internazionale all’interno del conflitto.

Da una parte ci sono i tentativi dell’ONU di favorire un accordo per raggiungere un cessate il fuoco e soprattutto evitare che il conflitto non si espanda definitivamente all’intera regione. Dall’altra ci sono le superpotenze, come Stati Uniti e Cina, ma anche l’Unione Europea, che ambiscono alle risorse minerarie presenti nel paese senza il timore di mettere in atto vere e proprie politiche post coloniali.

La Cina domina da anni il mercato delle energie rinnovabili con investimenti esorbitanti anche e soprattutto in Africa. Stati Uniti e UE negli ultimi anni, volendo commisurarsi a Pechino, hanno rapidamente aperto partnership commerciali con i paesi ricchi di risorse minerarie.

Si pensi al “Piano Mattei” italiano o alle recenti trattative tra Washington e Kinshasa, in cui l’amministrazione Trump ha promesso sostegno al governo centrale in cambio dell’accesso a minerali strategici nel paese africano.

Il superamento dei combustibili fossili è un obbiettivo indispensabile per il nostro pianeta. Nella gestione e nello sviluppo delle nuove risorse energetiche sarà però fondamentale evitare un ritorno a metodiche del passato.

Immagine di copertina: ISPI