Il maiale in cartapesta di Greenpeace parla di allevamenti intensivi

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In Piazza Montecitorio a Roma è stato esposto un maiale gigante in cartapesta con lo striscione “Onorevoli, non potete più ignorarmi!”.

L’azione fa parte della campagna di Greenpeace Italia e ha come obiettivo attirare l’attenzione del Parlamento sulla necessità di discutere la proposta di legge “Oltre gli allevamenti intensivi”.

La proposta è stata presentata alla Camera il 22 febbraio 2024 insieme a Lipu, ISDE–Medici per l’ambiente, Terra! e WWF Italia.

Ne parliamo con Simona Savini di Greenpeace Italia

Dove nasce l’idea di portare un maiale in piazza Montecitorio?

Il maiale è nato da un brainstorming collettivo e da un anno è la mascotte della nostra proposta di legge. Si tratta di una creazione composta interamente di materiale riciclato, realizzata qualche  anno fa.

Lo scorso anno, qualche giorno prima di presentare la proposta di legge, lo abbiamo portato in giro per Roma senza alcuna scritta, con il solo messaggio veicolato dai social “cosa ci fa un maiale gigante in giro per Roma?” così da creare suspense.

Lo abbiamo portato in tanti luoghi simbolo, ad esempio davanti alla FAO, in Piazza Venezia. Il suo debutto però fu nel 2019 al Ministero dell’Agricoltura, dove lo avevamo anche dotato di meccanismi per riprodurre evacuazioni, emissioni e suoni che avvengono realmente negli allevamenti. 

Un modo per ridere ma anche per catturare attenzione e obbligare a riflettere. Dopo un anno lo abbiamo ripreso, per un’azione disruptive e ironica, per scuotere le coscienze e chiedere al parlamento azioni concrete.

Il maiale è “comparso” davanti al Parlamento all’alba, contro le normative che vietano di portare in Piazza Montecitorio installazioni di questo tipo. È stato un piccolo blitz, ma ha funzionato benissimo. La gente si fermava incuriosita. Anche vari parlamentari ci hanno contattato. E’ stato  lasciato lì, un po’ a malincuore, ma simbolicamente per dire “ora ci dovete pensare voi”.

Che cosa chiede la vostra proposta di legge?

Chiediamo una transizione del comparto zootecnico, che non può più essere basato sugli allevamenti intensivi.

Bisogna dirottare l’enorme quantità di denaro che sostiene gli allevamenti intensivi a forme più sostenibili, con una necessaria riduzione dei capi allevati. Gli animali allevati annualmente in Italia sono oltre 700 milioni, 13 volte la popolazione umana.

Una iperproduzione che saccheggia terreni, spreca risorse idriche e inquina.  Il tutto a favore della grande distribuzione e dell’export, ma a discapito delle aziende agricole di piccole dimensioni, e della salute.

In 15 anni sono raddoppiate le aziende agricole di grandi dimensioni, mentre il numero delle piccole e medie è dimezzato, perdendo circa 350 mila posti di lavoro. Nei grandi allevamenti e nei macelli si annidano infatti forme di sfruttamento e terribili condizioni di lavoro.

La nostra proposta di legge vuole invertire questa tendenza. Purtroppo il testo di legge ad oggi è fermo in Commissione Agricoltura, chiediamo a gran voce che venga calendarizzata la discussione.

La proposta è stata sottoscritta da 23 esponenti di cinque diverse forze politiche, ma chi siede in Commissione Agricoltura per ora è stato poco sensibile al tema.

Qual è l’impatto ambientale degli allevamenti intensivi?

I mangimi richiedono circa il 70% dei terreni agricoli e oltre due terzi dell’acqua impiegata in agricoltura in Europa. Terra e acqua che potrebbero essere usate diversamente per l'alimentazione umana e per ripristinare la biodiversità. Al contempo gli allevamenti producono liquidi che inquinano terreni e risorse idriche, soprattutto nella Pianura Padana, con gravi impatti sulla salute umana. 

Le emissioni di ammoniaca sono direttamente proporzionali al numero di animali allevati, e sono la seconda causa di formazione di PM2,5, le polveri sottili che in Italia causano circa 50 mila morti premature ogni anno.

Con una sovrapproduzione di carne, esponiamo la popolazione ad un eccesso di cibo di bassa qualità, danneggiando ulteriormente la salute.

Oltre a questa iniziativa, in che modo cercate di sensibilizzare e fare pressione perché venga discussa questa proposta di legge?

Abbiamo raccolto in pochi mesi oltre mezzo milione di firme a sostegno dell’iniziativa, continuiamo inoltre a monitorare e denunciare gli impatti sempre più evidenti degli allevamenti intensivi.

Per sollecitare il parlamento a discutere la proposta di legge, chiediamo ai comuni di approvare una mozione che dichiari che questa proposta di legge li riguarda, e che si impegnino a sostenerla.

Abbiamo inviato la richiesta a tutti i comuni, raccogliendo alcune approvazioni. Abbiamo anche redatto un manifesto per coinvolgere più associazioni possibili.